S’è rotto il Nazareno

Come riuscire a cambiare in peggio

Il ministro Boschi ha spiegato in modo soave ai telegiornali Rai, in cosa consistesse esattamente il patto del Nazareno. La fantomatica intesa, prevedeva una riforma della costituzione ed una della legge elettorale. Nello specifico la riforma della Costituzione, si strutturava sui due capitoli noti, abolizione del bicameralismo perfetto e revisione del titolo V. La legge elettorale, in verità ci sembra di capire che sia stata poi modificata, da quella sul premio alla lista a quello sul primo partito, e infine le diverse soglie di sbarramento. Noi non ci permetteremmo mai di usare certi termini che abbiamo ascoltati da alcuni membri del parlamento per definire questa riforma - l’onorevole Meloni ad esempio, ha semplicemente detto che è ridicola – di sicuro abbiamo qualche dubbio piuttosto rimarchevole. Il primo è sicuramente di metodo e sfugge al gentile ministro Boschi: possibile che gli italiani debbano sapere dalla sua persona di un’intesa che concerne la riforma della carta costituente? Non era forse il caso che il governo promuovesse una pubblica assemblea per questo intento, magari con un’elezione popolare per autorizzarla? Adesso dovremo aspettare un referendum, che forse Renzi, non si è accorto, vi è già stato e con esito negativo, sulla riforma Calderoli, la stessa che ora il suo governo ripropone. Da quella elaborata dal centrodestra nel 2005 non è infatti cambiato niente, se non è il metodo di elezione del Senato. Anche allora un premier si presentò al referendum sostenendo che c’era da scegliere fra il cambiamento e il nessun cambiamento e gli italiani scelsero il secondo. Magari i tempi sono cambiati, ed è quello che auguriamo al governo. Ci permettiamo solo di far sapere al presidente del Consiglio ed al suo ministro che il cambiamento non necessariamente è sempre in meglio. Vi sono cambiamenti anche in peggio. Consigliamo allora un referendum per parti separate. Perché ad esempio sulla revisione del titolo V, volentieri la sosteniamo, sull’istituzione del Senato federale, invece non se ne parla. Perché se il problema era il superamento del bicameralismo perfetto, premesso che i costituenti repubblicani lo promossero e lo sostennero nel 1948, allora saremmo per abolire il Senato direttamente. Quello federale che gli subentrerebbe dispone da una parte di poteri sulle finanze locali, tali da poter entrare comunque in rotta di collisione con una legge finanziaria votata alla Camera, e in più di un criterio di elezioni indiretta, per cui i senatori, scelti dai consigli regionali, saranno presumibilmente governatori di Regioni e sindaci di città, cittadini conosciuti localmente mentre i parlamentari nominati non lo sono affatto, e quindi non solo si rischia di paralizzare l’azione dell’unica Camera rimasta, ma persino aprire un conflitto istituzionale a vantaggio di quel Senato che si voleva abolito. Un tale pasticcio solo il gentile ministro Boschi poteva promuoverlo con il sorriso sulle labbra.

Roma, 5 febbraio 2015